Giorgio Kienerk

Biografia

Giorgio nasce a Firenze il 5 maggio 1869 da Marco Kienerk e Stéphanie Gallyot, di origine francese, che avevano già due bambine, Eugenia e Giulia, anni dopo nascerà l’ultimogenita Teresa. Gli antenati dei Kienerk, nativi di Lucerna, dalla Svizzera erano giunti in Italia sul finire del Settecento e, approdati a Lucca, si erano impiegati come guardie svizzere di Palazzo. Con l’abolizione del servizio svizzero, decretata a Lucca nel 1806, i Kienerk si trasferiscono a Firenze.

Giorgio Kienerk rivela ben presto una spiccata attitudine per il disegno che il padre Marco asseconda affidando il figlio tredicenne all’amico Adriano Cecioni, scultore e teorico della rivoluzione macchiaiola, impegnato nella battaglia della libertà dell’arte. Nel maggio 1886, mentre è ospite in casa Kienerk, all’improvviso Adriano Cecioni muore; per cui l’apprendistato presso il grande maestro ha destino breve, ma la sua lezione sarà comunque fondamentale e indelebile per Giorgio che quell’anno debutta alla Società di Belle Arti presentando uno spigliato, vigoroso «Ritratto virile» di ascendenza cecioniana – il «Ritratto dello zio Guido» recentemente ritrovato ed esposto presso il Museo Kienerk di Fauglia – che rivela le innegabili doti plastiche del diciassettenne.

Dopo la morte del suo primo maestro, Giorgio prende a frequentare Telemaco Signorini con il quale usa andare a dipingere dal vero nella campagna intorno a Firenze; sotto la sua in influenza eseguirà alla fine degli anni Ottanta paesaggi misurati e intensi come «Veduta di Fiesole» e «Fra gli sparagi». Il nuovo impiego dei pennelli non gli fa trascurare la scultura, con la quale è ammesso alla Promotrice fiorentina del 1887. Giorgio frequenta i coetanei Nomellini, Fanelli, Pagni, Ludovico Tommasi e Torchi, tutti artisti strettamente legati ai maestri Signorini, Fattori, Lega e ai loro insegnamenti, ma anche attratti dalle nuove tendenze pittoriche europee, tramitate dalle riviste artistiche coeve e dagli amici pittori, come Alfredo Müller che dalla natia Livorno si è stabilito a Parigi e riporta in Toscana i linguaggi innovativi d’Oltralpe.

Negli anni Novanta, ricchi di esperienze e di risultati, comincia a manifestarsi la sua indipendenza dai maestri, e Giorgio Kienerk si afferma come scultore e come pittore. Si avvicina all’impressionismo e al divisionismo che sperimenta insieme a Plinio Nomellini e a Angelo Torchi sulla costa genovese, elaborando, con brevi tocchi di pennello accostati, dipinti atmosferici e vibranti di luce come «Alberi sul mare», 1891 (Museo Giorgio Kienerk, Fauglia) e «San Martino d’Albaro», 1892 (Fondazione Cassa di Risparmio, Tortona); con la medesima tessitura cromatica e luministica è realizzato «In riva all’Arno», dipinto di ampio respiro presentato alla Promotrice fiorentina del 1891, che desta l’interesse di Diego Martelli.

Nel 1892 Kienerk vince il “Concorso Cincinnato Baruzzi” di Bologna con «L’anguilla», scultura in gesso che l’anno seguente realizzerà in marmo (Musei Civici, Bologna). E’ un’opera dal forte impatto realistico, in cui l’artista sa cogliere sul volto concentrato del giovane pescatore un fremito di soddisfazione misto al trepido timore di perdere la presa scivolosa dell’anguilla. Dagli anni Novanta si registra la presenza costante e continua di Kienerk alle principali esposizioni nazionali (Firenze, Milano, Torino, Venezia), ma anche a Monaco, Parigi, Bruxelles, Berlino, Saint Louis. Si dedica al pastello, tecnica molto in voga sul finire del secolo, che elabora con grande finezza ed eleganza di tratto. Alla “Festa dell’Arte e dei Fiori”, mostra di portata internazionale allestita a Firenze nel 1896, Kienerk presenta tre ritratti a pastello, tra i quali quello molto ammirato della «Sorella Teresa» (Gam di Palazzo Pitti, Firenze).

In quegli anni si delinea anche la sua attività d’illustratore che lo vede protagonista di successo dal 1896 fino al 1905, quando collabora con le riviste fiorentine «Fiammetta» e «Il Cavalier Cortese», poi con «l’Italia ride», «L’avanti della Domenica», «Novissima», e con le testate parigine «Cocorico» e «Gil Blas». Nel giro di poche stagioni il suo tratto da descrittivo e aderente al dato reale, si farà sempre più pregnante e sintetico, fino a raggiungere la concisione della sigla nei suoi originali «Sorrisi» femminili e nei ritratti sincopati d’illustri personaggi contemporanei; sono esperimenti sul volto umano in cui si avvale delle opportunità offerte dalla tecnica fotografica e dai processi della stampa, che lo conducono a soluzioni formali innovative.

A cavallo del secolo, per alcuni anni, si occuperà personalmente della veste grafica de «La Riviera Ligure», rivista pubblicitaria dell’Olio Sasso dei Novaro di Oneglia, resa elegantemente culturale con gli interventi di scrittori e poeti e con le immagini realizzate da artisti contemporanei. La grafica di Kienerk è sempre più concisa e comunicativa; inventa capilettera, alfabeti e enigmatiche scritture, da egli stesso definite geroglifici. Per la sua naturale adesione al clima di rinnovamento artistico, Kienerk è sensibilmente coinvolto dalle correnti dell’Art Nouveau, del Simbolismo e del Secessionismo, evidenti nella produzione grafica, ma anche in scultura («La panchina», «Lo scienziato», «Medusa») e in pittura con eccellenti risultati («L’enigma umano», «Le printemps de la vie», «Irma Gramatica», «Apparizione»).

Nel 1905, vincitore di concorso, si trasferisce a Pavia, dove per trent’anni ricoprirà il ruolo di direttore e professore della Civica Scuola di Pittura. L’incarico didattico impegna gran parte del suo tempo, ciò che induce Kienerk a interrompere la sua carriera di grafico per riviste, mentre continuerà a illustrare saltuariamente libri. Nel primo decennio trascorso a Pavia, l’artista rallenta quasi bruscamente anche la sua attività di pittore, mentre intensifica quella di scultore, eseguendo su commissione bassorilievi d’illustri personaggi dell’ateneo e della società pavese, monumenti funebri e lapidi celebrative.

Il 1915 registra il ritorno ai pennelli dell’artista, che sperimenta gli effetti della luce artificiale negli interni, e riprende a dipingere dal vero all’aperto. Nel 1919 sposa Margherita, figlia del fisiologo Arturo Marcacci, fraterno amico conosciuto a Pavia, dalla quale avrà la figlia Vittoria. È l’inizio di una nuova vita, fatta di semplici gioie domestiche e del ritorno periodico nell’amata Toscana, da allora infatti ogni anno la famiglia Kienerk trascorrerà l’estate a Fauglia, nella casa portata in dote da Margherita. Nell’eden domestico di Fauglia Giorgio riprende definitivamente gusto a dipingere dal vero motivi campestri, ritratti di famiglia e la piccola Vittoria intenta nei suoi svaghi. Ormai lontano e disinteressato al panorama artistico contemporaneo, il pittore instaura un personale, disteso idillio con la campagna intorno a casa, pago dell’attimo creativo e della propria sintonia con la natura. Con pennellate sciolte e con un uso vivace e sapiente della tavolozza, Kienerk attento al variare del tempo, realizza serene e vivaci impressioni cariche di luce. Morirà a Fauglia il 15 gennaio 1948.

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